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Channel: Permessi e aspettative – Chiedilo a Lalla – OrizzonteScuola
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Aspettativa per motivi di famiglia dopo anno sabbatico e servizio l’1/9. Chiarimenti per la scuola.

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Scuola – Buongiorno, con la presente si chiede vs gentile parere in merito alla seguente situazione: docente titolare nella scuola X ottiene trasferimento dal prossimo 1° settembre nel ns Istituto. La scorsa settimana ha portato a scuola richiesta di essere collocata in aspettativa non retribuita per motivi di famiglia dal 1° settembre fino al 28/02/2017 (sei mesi). E’ stato richiesto il prospetto assenze alla precedente scuola di titolarità, la quale comunica che la stessa ha fruito di un periodo di 5 mesi della stessa tipologia di assenza nell’a.s. 14/15 di un anno di assenza per aspettativa anno sabbatico nel corrente anno scolastico 2015/16. La mia domanda è: può la docente iniziare l’aspettativa dal 1° settembre senza assumere servizio nella ns nuova scuola di titolarità? Il posto dovrà essere coperto con una supplenza breve trattandosi di soli 6 mesi di assenza? In attesa di cortese riscontro si porgono cordiali saluti.


Paolo Pizzo – Gentile scuola,

per quanto riguarda l’aspettativa per motivi di famiglia è utile ricordare che due periodi di aspettative inferiori all’anno si considerano un unico periodo se il periodo di lavoro tra essi non supera i 6 mesi.

Se per esempio il dipendente ha ottenuto un periodo di aspettativa di 6 mesi, poi riprende servizio per 5 mesi e richiede e ottiene nuovamente un periodo di aspettativa per altri 6 mesi, ai fini del calcolo massimo dell’aspettativa richiedibile (12 mesi) i primi 6 mesi si sommano ai secondi 6 mesi (totale aspettativa 12 mesi) non essendoci stata una ripresa di servizio superiore a 6 mesi.

Nell’esempio citato il cumulo dei 12 mesi non deve per forza essere riferito ad un anno scolastico ma anche a cavallo di due anni scolastici diversi (es. primi 6 mesi a.s. 2014.15 e richiesta di altri 6 mesi a.s. 2015.16).

Pertanto, per interrompere l’aspettativa, e quindi per ripristinare il diritto a chiedere altri 12 mesi, è necessario il rientro in servizio attivo superiore a 6 mesi (anche di un solo giorno).

Per “servizio attivo” si intende non solo l’attività lavorativa effettivamente prestata ma anche per esempio la fruizione di congedi di maternità e paternità, compresi i periodi retribuiti e non retribuiti di congedo parentale e di malattia per il bambino, e i periodi di riposo per allattamento (Corte dei Conti n.42/93 del 15/10/92; T.U. maternità e paternità n.151/01 e Ministero della Funzione Pubblica n. 54600/86) e gli scioperi.

Fatta questa premessa, si precisa che nessuna normativa prevede il servizio attivo fra due periodi di aspettative o congedi, uguali o diversi, atteso che questi devono essere richiesti dal dipendente e concessi dal datore di lavoro.

Se quindi la docente ha fruito già di 6 mesi di aspettativa per motivi di famiglia, poi di anno sabbatico e ha nuovamente fatto richiesta di aspettativa per motivi di famiglia, può fruire di quest’ultima se ha motivato la richiesta e la stessa è stata accettata dalla Dirigente (che potrebbe in realtà non accettarla solo per “esigenze di servizio”).

La decorrenza può avere l’1/9 in quanto la docente è già di ruolo di anni precedenti e non c’è bisogno di una presa di servizio effettiva (la quale sarà giustificata dalla decorrenza del periodo di aspettativa).

Bisognerà ricordare alla docente (e lo dovrete tenere presente anche voi della segreteria per eventuali prossime assenze) che la fruizione di questi 5 mesi si andranno a sommare ai 6 precedenti dell’a..s. 2014/15 per un totale di aspettativa di famiglia di 11 mesi (se nell’a.s. 2014/15 la docente non ha prestato un servizio attivo di almeno 6 mesi al termine dell’aspettativa).

Il posto dovrà essere coperto con supplenza breve scorrendo le GI a partire dall’inizio delle lezioni e fino al 28/2 (senza interruzioni).


Collaboratore scolastico che fruisce dei permessi 104/92 e altro soggetto che gli presta assistenza. Chiarimenti per la scuola

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Scuola – Salve, con la presente si sottopone alla vs cortese attenzione il seguente caso: Nel ns. Istituto prestano servizio due coniugi Collaboratori scolastici. Il marito ha presentato richiesta per la fruizione della L. 104/92 art. 3 c. 3 per uso personale, contemporaneamente la moglie presenta richiesta per fruire dei 3 gg. mensili per assistere il marito quando deve andare a fare la terapia. Il quesito è: possono due dipendenti (marito e moglie) fruire dei permessi per la stessa persona? Nella speranza di aver posto in modo chiaro il quesito, si ringrazia per le consulenze sempre preziose e si porgono cordiali saluti.

Paolo Pizzo – Gentile scuola,

il caso in questione è quello del  lavoratore disabile che fruisce dei permessi per sé stesso e contemporaneamente è assistito da altra persona la quale, a sua volta, utilizza i permessi di cui all’art. 33 della legge 104/92.

L’INPS, nella circolare n. 128 del 21.7.2003 ha precisato che “i giorni di permesso dei due soggetti interessati devono essere fruiti nelle stesse giornate, considerando che l’assenza dal lavoro, con la conseguente fruizione dei permessi da parte di chi assiste, è giustificata dal fatto che deve assistere l’handicappato, assistenza che non necessita durante le giornate in cui quest’ultimo lavora”.

Nella circolare n. 100/2012 l’istituto è ritornato sull’argomento precisando:

il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con l’interpello n. 30/2010, considerata la ratio della norma ispirata all’assistenza, all’integrazione sociale e alla tutela dei diritti delle persone disabili, ha stabilito che il diritto alla fruizione dei benefici in argomento da parte del dipendente che assiste il familiare disabile non può essere escluso a priori nei casi in cui lo stesso disabile svolga nel medesimo periodo attività lavorativa.

Conseguentemente, essendo superata la disposizione contenuta al paragrafo 2.1 della circolare n. 45/2011, l’Amministrazione non può negare a priori l’autorizzazione alla fruizione dei permessi richiesti da un dipendente per assistere un familiare disabile lavoratore nelle giornate in cui lo stesso è impegnato in attività lavorativa.

Poi, per il caso della fruizione contemporanea dei permessi aggiunge:

“Nulla è invece innovato nelle ipotesi in cui i permessi siano fruiti per prestare assistenza ad un familiare disabile lavoratore nelle giornate in cui lo stesso sia assente dal posto di lavoro a titolo, ad esempio, di permesso ex lege n.104/1992, malattia, ferie, aspettativa, ecc., nelle quali, pertanto, la predetta valutazione non è richiesta ed il dipendente che assiste non deve produrre alcuna giustificazione dell’assenza.”

 

 

Congedo biennale e permessi leggi 104/92. Chiarimenti

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Docente – sono titolare di 104 art.3 comma3, per assistenza al genitore, sono un docente di ruolo e quest’anno sono stato nominato fuori regione e dovrò rimanerci per 3 anni. Inoltre, ho un figlio che compirà 12 anni il prossimo novembre. La mia domanda è questa: posso usufruire dei 2 anni di congedo retribuito? Se inizio a prendere i 3 giorni mensili, ci sono conseguenze sul mio diritto al suddetto congedo retribuito di 2 anni? Ci sono condizioni particolari o formalità da seguire per usufruire del suddetto congedo o dei suddetti congedi retribuiti? Vi sarei veramente grato se mi aiutaste.

Paolo Pizzo – Gentilissimo docente,

il congedo biennale per assistenza al familiare con handicap grave segue delle regole e dei criteri ben precisi e “rigidi”.

Può essere riconosciuto al familiare o affine entro il terzo grado convivente del disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla norma, secondo il seguente ordine di priorità:

  1. il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
  2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
  3. uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  4. uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  5. un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Pertanto, le due condizioni indispensabili sono la convivenza con il disabile e l’ordine non derogabile di chi può richiedere il congedo.

Nel tuo caso quindi, è indispensabile che tu sia convivente con il genitore e che l’altro genitore sia mancante oppure abbia una patologia invalidante certificata. Solo così potrai richiedere il congedo.

Per i 3 gg. invece, basterà dichiarare il grado di parentela e la condizione di referente unico (ovviamente consegnare alla scuola tutta la certificazione).

Ti ricordo l’art. 6, comma 1, del d.lgs n. 119 del 2011 il quale dispone:

Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.

In base alla nuova previsione, il lavoratore che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del famigliare da assistere, mediante l’esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea (a mero titolo di esempio, ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento in loco), la cui adeguatezza verrà valutata dall’amministrazione di riferimento, fermo restando che l’assenza non potrà essere giustificata a titolo di permesso ex lege n. 104 del 1992 nell’ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore l’idonea documentazione.

 

I giorni di permesso legge 104/92 devono essere riproporzionati per i dipendenti in part time?

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Scuola – Si chiede, gentilmente, se una dipendente con contratto part-time può usufruire dei tre giorni mensili L. 104 o gli stessi devo essere proporzionati  all’orario di servizio. Si ringrazia per la preziosa e puntuale collaborazione.

Paolo Pizzo – Gentile scuola,

l’art. 39, comma 11, del CCNL/2007 (Scuola) dispone che “I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno”.

Tale proporzione, specifica il Contratto, è riferita solo ai giorni di ferie e di festività soppresse non prevedendo altro riproporzionamento per tutti i restanti istituti giuridici (malattia, permessi ecc.) come invece viene chiaramente esplicitato in altri Contratti Collettivi (vedi quello Ministeri).

Pertanto, stando ad una lettura letterale della norma e al principio di non discriminazione previsto dal decreto n. 63 del 25 febbraio 2000 la scuola non può attuare d’autorità una proporzione dei 3 gg. al mese, dal momento che il dipendente potrebbe appellarsi al Contratto e sarebbe sicuramente difficile per l’Amministrazione dimostrare il contrario.

C’è inoltre da ricordare l’art. 7 del decreto 15 giugno 2015, n. 81 il quale dispone che  “I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di prova, del periodo di preavviso in caso di licenziamento o dimissioni e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia ed infortunio in relazione all’articolazione dell’orario di lavoro”.

Pertanto, a mio avviso, in attesa di ulteriori chiarimenti o di una rivisitazione dell’attuale CCNL, i giorni di permesso (compresi quelli della 104/92) devono essere attribuiti per intero ovvero senza nessuna distinzione con i dipendenti a tempo pieno.

Libera professione e aspettativa per motivi di famiglia

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Giuseppe  – Sono in ruolo dal 01/09/2015 (fase C legge 107/2015) e vorrei avere i seguenti chiarimenti: 1) Posso essere autorizzato all’esercizio della libera professione, visto che contestualmente vorrei chiedere al preside anche l’aspettativa per motivi di famiglia? Se la risposta fosse negativa come potrei gestire questa necessità (non presenza a scuola a 1000 km di distanza con la necessità di svolgere la professione) 2) In caso di aspettativa (motivi di famiglia o anno sabbatico o altro), il punteggio ai fini della mobilità futura mi viene riconosciuto oppure no? 3) In caso di part time verticale su 3 giorni settimanali, il punteggio ai fini della mobilità futura mi viene riconosciuto oppure no? 4) Alla luce delle mie esigenze (continuare a svolgere attività professionale cercando di mantenere il più possibile il posto di lavoro anche a retribuzione zero e cercando anche di ottenere il punteggio in caso di trasferimento tra 3 anni) qual è la migliore cosa da fare? Grazie per la sua cortese risposta, sono entrato in crisi dopo che la mobilità mi ha sbattuto dalla Sicilia alla Lombardia.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Giuseppe,

puoi essere autorizzato all’esercizio della libera professione a condizione ovviamente che questa non sia di pregiudizio all’assolvimento delle attività inerenti alla funzione docente .

Puoi nel contempo essere autorizzato a fruire dell’aspettativa per motivi di famiglia, ma comunque rimane ferma anche in questo caso l’autorizzazione alla libera professione, in quanto il rapporto è solo sospeso ma non viene meno lo status di lavoratore dipendente che svolge libera professione.

Per gli altri due quesiti si precisa che affinché l’anno di servizio sia valido bisogna effettuare un periodo di servizio non inferiore ai 180 gg (per il part time invece il problema non si pone perché il docente è presente tutto l’anno anche se lavora solo 3 gg.).

 

Permessi legge 104/92 per assistere la zia e ricovero a tempo pieno del disabile

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Fabrizio – Sono dipendente a tempo indeterminato ATA, usufruisco del permesso della 104 per assistenza a mia zia (sorella di papà) che al momento è ricoverata in un centro di assistenza per anziani. E’ in uno stato di gravità e rischi vita, regolarmente documentato. Posso usufruire dei giorni per andare ad assistere mia zia?. Aggiungo che non è sposata il fratello è defunto e una sorella di 76 anni, con dei problemi di salute. La ringrazio e aspetto fiducioso una risposta. In attesa le auguro una buona giornata.

Paolo Pizzo – gentilissimo Fabrizio,

secondo la norma, in linea generale, la legittimazione alla fruizione dei permessi per assistere una persona in situazione di handicap grave spetta al coniuge e ai parenti ed affini entro il secondo grado. Rispetto alla normativa previgente, la nuova disposizione da un lato ha menzionato espressamente il coniuge tra i lavoratori titolari della prerogativa, dall’altro ha posto la limitazione dei parenti ed affini entro il secondo grado.

Parenti e agli affini entro il terzo grado possono fruire dei permessi solo nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti.

In queste ipotesi, la legge prevede la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado.

Pertanto, la novità più rilevante rispetto al regime previgente è rappresentata dalla restrizione della categoria di famigliari che possono fruire dei permessi, poiché con la nuova norma si passa dal terzo al secondo grado di parentela, salvo la ricorrenza delle situazioni eccezionali dell’assenza, dell’età anagrafica o delle patologie.

Rientrando tu in questi casi (l’unico familiare del disabile è la sorella che comunque ha superato i 65 anni) puoi fruire dei permessi.

Per la questione ricovero ti segnalo che il punto 6 della circolare INPS n. 32/2011 (punto che si riferisce sia ai permessi che al congedo straordinario) recita testualmente:

“A titolo esemplificativo, tenuto conto anche di quanto normativamente previsto per i permessi ex lege 104/92, si elencano di seguito alcune ipotesi che fanno eccezione al requisito della assenza del ricovero a tempo pieno sia per quanto concerne i suddetti permessi (prolungamento del congedo parentale, riposi orari, permessi giornalieri):

  1. interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate (messaggio n. 14480 del 28 maggio 2010);
  2. ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine (circolare n. 155 del 3 dicembre 2010, p.3);
  3. ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi precedentemente prevista per i soli minori (circolare n. 155 del 3 dicembre 2010, p.3).”

Per l’INPS, quindi, l’eccezione che era prevista per i soli minori è estesa anche al familiare disabile maggiorenne ricoverato a tempo pieno, purché i sanitari dichiarino per iscritto la necessita della tua presenza.

Pertanto, tale eccezione prevista già per il congedo biennale dal D.lgs. n. 119 del 2011 è estesa dall’INPS anche ai permessi mensili.

 

 

 

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Permesso per matrimonio dopo un periodo di aspettativa

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Perla  – Salve, Sono un insegnante di scuola primaria a tempo indeterminato.  Attualmente sono in periodo di aspettativa per motivi personali fino al 20 dicembre 2016 ed ho programmato di sposarmi il 10 dicembre, quindi all’interno di tale periodo.  Il mio dubbio è: potro’ usufruire del permesso matrimoniale dal 9 gennaio 2017, avendo ripreso servizio il 21 dicembre 2016? O il matrimonio deve esser celebrato in periodo di servizio per poter usufruire di tale permesso? Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Perla,

l’art. 15 comma 3 del CCNL comparto Scuola prevede che il personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo indeterminato ha diritto ad un permesso retribuito continuativo e non fraziona­bile di quindici giorni che decorrono dalla data indicata dal dipendente stesso e comunque in uno spazio temporale compreso tra una settimana prima e due mesi successivi al matrimonio stesso; nel periodo, continuativo e non frazionabile, si conteggiano tutti i giorni ricadenti all’interno dello stesso anche non lavorativi e festivi.

Pertanto, sposandoti il 10 dicembre, anche se non sei in effettivo servizio (ma il rapporto è solo sospeso e non interrotto), e dal momento che sei in aspettativa fino al 20, puoi fruire comunque del congedo fino al 10 febbraio.

Cumulo per entrambi i genitori dei permessi 104/92 e del congedo parentale

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Laura  – Salve,a giorni  mio figlio subirà un intervento a km di distanza dal luogo di lavoro. Sia io che mio marito siamo insegnanti. Vorrei sapere se i permessi della Legge 104 sono compatibili con la malattia del figlio o con il congedo parentale (facoltativa). Nello specifico vorrei sapere se io posso chiedere i permessi della 104 e mio marito malattia figlio. Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Laura,

la risposta è positiva.

I permessi per la legge 104/92 (o il congedo straordinario) è compatibile con la malattia del figlio o del congedo parentale questi ultimi istituti giuridici diversi utilizzati dall’altro genitore.

Si ricorda a tal proposito che l’art. 42 del D. Lgs. 151/01, comma 4, ha previsto espressamente la cumulabilità dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104 con il congedo parentale ordinario.

Nella circolare INPS n. 128/2003 è indicata invece la non possibilità di cumulo con i permessi c.d. per allattamento, pertanto non vi è possibilità di godere da parte di un genitore della legge 104/92 e da parte dell’altro dei c.d. permessi per allattamento.

 


Chi ha conseguito il dottorato di ricerca può richiedere aspettativa per assegno di ricerca

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Scuola – sono un’assistente amministrativo, desidero gentilmente sapere se è possibile concedere l’aspettativa per assegno di ricerca ai sensi dell’art. 22 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240, ad una docente che ha già conseguito un dottorato di ricerca di tre anni dal 2009 al 2011. Ringrazio anticipatamente e porgo distinti saluti.

Paolo Pizzo – Gentile scuola,

il riferimento normativo principale è ad oggi la legge n. 240 del 30 dicembre 2010 che ha previsto che la titolarità dell’assegno comporta il  collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in  servizio presso amministrazioni pubbliche.

Tale aspettativa è differente rispetto a quella che la stessa legge dispone per il dottorato di ricerca.

Di seguito l’art. 22 il quale dispone:

“Le universita’, le istituzioni e gli enti pubblici di ricerca e  sperimentazione, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie,  l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e l’Agenzia  spaziale italiana (ASI), nonche’ le istituzioni il cui diploma di  perfezionamento scientifico e’ stato riconosciuto equipollente al  titolo di dottore di ricerca ai sensi dell’articolo 74, quarto comma,  del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382,  nell’ambito delle relative disponibilita’ di bilancio, possono  conferire assegni per lo svolgimento di attivita’ di ricerca. I  bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell’ateneo,  ente o istituzione, del Ministero e dell’Unione europea, contengono  informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i  doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e  previdenziale spettante.

Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di  curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di  attivita’ di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei  soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che  il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all’estero  ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di  area medica corredato di una adeguata produzione scientifica,  costituiscono requisito obbligatorio per l’ammissione al bando; in  assenza di tale disposizione, i suddetti titoli costituiscono titolo  preferenziale ai fini dell’attribuzione degli assegni.

Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre  anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a  qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni  all’estero, l’attivita’ di ricerca dei titolari. La durata  complessiva dei rapporti instaurati ai sensi del presente articolo,  compresi gli eventuali rinnovi, non puo’ comunque essere superiore a  quattro anni, ad esclusione del periodo in cui l’assegno e’ stato  fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo  della durata legale del relativo corso. La titolarita’ dell’assegno  non e’ compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea  specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all’estero, e comporta il  collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in  servizio presso amministrazioni pubbliche.”

Pertanto, anche il docente che ha già conseguito il titolo di dottore di ricerca ha titolo a beneficiare di aspettativa per borsa di studio post-dottorato e di aspettativa per assegno di ricerca.

Quest’ultima, però, è esclusivamente senza assegni (è infatti diversa dal congedo straordinario per dottorato di ricerca), come afferma la Legge 240/2010 (l’ultima e unica norma a cui bisogna fare riferimento).

Aspettativa per motivi personali e incompatibilità con altro incarico

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Francesca  – Salve, sono un’insegnante di ruolo in una scuola dell’infanzia comunale. Da settembre 2016 a marzo 2017 sono in aspettativa non retribuita per motivi personali, a questo proposito volevo cortesemente sapere se durante tale periodo posso accettare le nomine per eventuali supplenze dalla 2° fascia delle graduatorie d’istituto. Al sindacato mi hanno detto che non è possibile perché lavorando in un ente pubblico non posso lavorare in un altro, alcune colleghe mi hanno confermato il contrario.  Sarei grata se mi poteste dare delle delucidazioni in merito. Cordiali saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Francesca,

chi è in aspettativa per motivi di famiglia e personali ha solo sospeso il rapporto di lavoro con la scuola, e rimane sempre legato da un contratto da dipendente pubblico.

Il primo rapporto, infatti, con tutte le situazioni soggettive che vi sono connesse (ivi comprese le incompatibilità) sussiste ancora anche se in una fase di sospensione delle reciproche obbligazioni.

Per tale motivo rimane anche per te in vigore la materia delle incompatibilità per i pubblici dipendenti, contenute nell’art. 53 del D.Lgs.n.165/2001. Non potrai quindi svolgere altra attività incompatibile con l’insegnamento in un ente pubblico.

Nel caso in questione l’attività di insegnamento presso una scuola privata è quindi incompatibile con l’attuale contratto a tempo indeterminato con la scuola pubblica.

La fruizione del congedo biennale è utile ai fini del punteggio di ruolo?

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Rosa – Gentilissima, sono una docente assunta con fase C da Gae , trasferita , a seguito della mobilità nazionale, nell ‘ ambito 35 di Varese. Avendo madre disabile ai sensi dell’ art.3 comma 3 della legge 104/92, vorrei chiedere se il congedo biennale   da diritto  alla retribuzione ed alla maturazione del punteggio. Inoltre qualora lo chiedessi fino al termine delle attività didattiche avrei diritto alle ferie? Ringrazio anticipatamente per la risposta.

Paolo Pizzo –  Gentilissima Rosa,

l’art. 42, comma 5 del del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come novellato dal Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 prevede che il periodo del congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.

Pertanto, la maturazione del punteggio non sarebbe prevista perché se si applicano le disposizioni della legge 53/2000 tale congedo è non retribuito e non può quindi prevedere la maturazione del punteggio.

Sennonché per il Comparto Scuola vale ciò che si è deciso in sede di Contratto di mobilità il quale prevede il riconoscimento a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio del pre ruolo e del ruolo di detto congedo.

La precisazione è contenuta nella PREMESSA:

“L’anzianità di servizio di CUI ALLE LETTERE A) E B) del punto I della tabella deve essere attestata dall’interessato, con apposita dichiarazione personale conforme allo specifico modello allegato all’O.M. sulla mobilità del personale o a quello predisposto per le istanze on line. NON INTERROMPE LA MATURAZIONE DEL PUNTEGGIO DEL SERVIZIO LA FRUIZIONE DEL CONGEDO BIENNALE PER L’ASSISTENZA A FAMILIARI CON GRAVE DISABILITÀ DI CUI ALL’ART. 5 DEL D.L.VO N. 151/2001.”

Pertanto, per la valutazione del servizio pre ruolo  e di ruolo la fruizione del congedo biennale è riconosciuta a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio.

Il congedo non fa invece maturare le ferie.

Sempre la stessa legge prevede che il periodo del congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Permesso per matrimonio personale fino ad avente titolo

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Marianna  – sono da oggi una docente di francese con contratto fino ad avente diritto. Siccome non so fino a quando si protrarrà il mio contratto, non ho ancora comunicato in segreteria del mio matrimonio che sarà il 10 dicembre. La mia domanda  è: anche ai docenti con contratto fino ad avente diritto spettano i 15 gg di congedo per matrimonio?

Paolo Pizzo – Gentilissima Marianna,

il comma 12 dell’art. 19 del CCNL Scuola prevede che il personale docente ed ATA assunto a tempo determinato ha diritto entro i limiti di durata del rapporto, ad un permesso retribuito di 15 giorni consecutivi in occasione del matrimonio.

Pertanto ai fini della fruizione del congedo a nulla rileva la tipologia di contratto. Ovviamente il matrimonio e il relativo congedo devono ricadere nella durata del rapporto di lavoro.

Documentazione a supporto della richiesta di un periodo di aspettativa. Chiarimenti

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Giuseppe  – Ho chiesto aspettativa fino al 31 agosto per motivi di famiglia, motivandola e supportandola con autocertificazione nella quale indicavo la necessità dell’assistenza al coniuge per motivi di salute dello stesso. La scuola ha voluto a supporto un certificato medico nel quale si evidenziava la necessità di tale assistenza attiva. Ciò non bastando mi ha poi ulteriormente richiesto che su tale certificato medico venisse indicato il periodo fino al . nel quale il coniuge aveva bisogno di assistenza. A questo punto il medico non ha ritenuto di dover integrare tale certificato, in quanto gia’ a suo dire completo. Ha ragione la scuola, nel richiedermi un certificato così dettagliato oppure e’ un abuso, bastando a tale scopo sia l’autocertificazione iniziale e sia il primo certificato medico gia’ prodotto–?

Paolo Pizzo – Gentilissimo,

gli artt. 69 e 70 del DPR 3/57 richiamati dall’art. 18 del CCNL scuola dispongono che “L’impiegato  che  aspira  ad  ottenere  l’aspettativa per motivi di famiglia deve presentare motivata domanda al capo del servizio”.

Come vedi non è specificato “documentata” o “motivata/documentata in modo particolareggiato”.

Giova anche ricordare che nel precedente CCNL comparto Scuola (2003) si faceva esclusivamente riferimento ai motivi di famiglia, mentre nel nuovo Contratto è stato aggiunto l’inciso “personali”.

Non esiste però una casistica di “motivi familiari o personali”.

E a tal proposito la Corte Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415 ha specificato che le esigenze del lavoratore possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola.

L’ARAN ha aggiunto che alla luce di tale configurazione, pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’amministrazione di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.

Il Consiglio di Stato con sentenza del 29 gennaio 2003, n. 444 ha affermato che il dipendente istante è tenuto a prospettare le esigenze familiari da soddisfare, al fine dell’ottenimento del periodo di aspettativa richiesta non facendo nessun riferimento ad una specifica documentazione ma solo al dovere del dipendente di far presente quali siano le motivazioni a supporto della richiesta.

Già l’11 febbraio 1993, con sentenza n. 720 lo stesso Consigli di Stato aveva dato ragione ad un direttore didattico che aveva ha ritenuto di dover negare un periodo di aspettativa per la mancata documentazione delle esigenze di famiglia.

Detto questo e richiamata la norma e alcune sentenze al riguardo, l’insistenza della scuola non pare legittima e credo che tua abbia abbondantemente motivato e anche documentato le esigenze personali/famigliari a supporto della richiesta, ricordando che una volta fatto questo il diniego potrà avvenire, a mente sempre degli artt. sopra citati, solo per esigenze di servizio che il DS dovrà motivare per iscritto. Esigenze che nella scuola in realtà non esistono dal momento che il dipendente potrà essere sostituito da un supplente.

Persona con disabilità grave: 3 gg. al mese o riduzione di orario?

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Silvana  – Sono una docente di scuola secondaria di primo grado da poco beneficiaria della L104 con invalidità al 100%. Le chiedo in che misura posso usufruire della frazionabilità in ore dei tre giorni di permesso retribuito? Posso ancora richiederla oppure ciò non è più possibile considerato l’iniziato anno scolastico? Ringraziandola porgo distinti saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Silvana,

Il CCNL/2007 a differenza di altri comparti (ad es. comparto ministeri, CCNL del 16 maggio 2001, art. 9; comparto regioni ee.ll., CCNL 6 luglio 1995, art.19; comparto agenzie fiscali, CCNL 28 maggio 2004, art. 46; comparto Presidenza Consiglio ministri, CCNL 17 maggio 2004, art. 44) non prevede la “frazionabilità” in ore dei 3 giorni di permesso.

Altra cosa invece è l’opportunità che hai di avere una riduzione oraria giornaliera in alternativa ai 3 gg mensili. Ciò è infatti previsto direttamente dalla legge 104/92.

A tal proposito giova ricordare che l’art. 15, comma 7 ,del CCNL/2007 conferma la vigenza di tutte le norme di leggi che prevedono casi di permesso retribuito –  oltre a quelli indicati nel corpo dell’articolo stesso –  come, ad esempio, permessi per donatori di sangue, per il diritto allo studio, per volontari nelle attività di protezione civile, per funzioni presso uffici elettorali, per l’ufficio di giudice popolare ed ogni altra norma di legge non espressamente citata.

L’art. 33, comma 6, della legge 104/92 così come modificato dall’art. 19 del D.L.vo 119/2011 prevede che “La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.”

Le due modalità di fruizione (oraria o giornaliera) sono alternative (comma 6 dell’art. 33) e pertanto, in base alla norma, non possono essere fruiti cumulativamente i permessi giornalieri e i permessi orar i di cui ai commi 2 e 3 nel corso dello stesso mese.

Ne consegue che il dipendente della scuola portatore di handicap in situazione di gravità potrà usufruire alternativamente dei tre giorni di permesso retribuito, oppure, come sancito dall’art. 33, comma 6 della legge n. 104 del 1992, di due ore di permesso orario giornaliero retribuite.

Tali ore, essendo equiparate a quelle per l’allattamento dalle circolari INPDAP n. 49 del 2000 e n. 33 del 2002  e dalla circolare INPS n. 139 del 2002, ne prevedono analoga distribuzione: due ore al giorno per un orario lavorativo giornaliero pari o superiore alle sei ore, una ora al giorno per un orario inferiore alle sei ore.

Visita specialistica: la scuola non può chiedere al dipendente la giustificazione che la visita poteva essere effettuata solo in orari coincidenti con quello di lavoro

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Fabrizio  –  Buongiorno gent.imo Sono un dipendente ATA a tempo indeterminato, con patologia 104 art.1 comma 3, con invalidità del 50%. Premesso che debbo sottopormi aa una serie di accertamenti tra cui visite specialistiche, che mi richiede, circa ogni sei mesi il C.R.R. Besta di MIlano per la mia patologia. Il D.S.G.A. mi chiede puntualmente che eventuali visite specialistiche presso ambulatori privati debba riportare l’orario della visita e fin qui ottempero la richiesta. Ma al DSGA non basta e mi chiede di far dichiarare al medico specialistico che la determinata visita poteva essere effettuata solo di mattina. Non riesco ad uscirne da questa che sembra più complessa del solito. Mi può essere utile nel comprendere l’uitlizzo vero delle normative e se c’è un eventuale abuso della legge. La ringrazio sempre della disponibilità.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Fabrizio,

probabilmente il DSGA non è a conoscenza del fatto che il TAR Lazio, con sentenza n. 5714 pubblicata in data 17 aprile 2015, ha annullato la circolare della FP n. 2/2014 stabilendo che l’Amministrazione non può emanare una circolare per cambiare unilateralmente quanto stabilisce e regola la legge e  il contratto.

Sul punto è quindi intervenuto il Ministero che con NOTA 06.05.2015, PROT. N. 7457 ha disposto “… Di conseguenza, nelle more della rivisitazione della disciplina e della eventuale ricezione di nuove istruzioni da parte del Dipartimento per la Funzione Pubblica, si ritiene che le assenze dal servizio per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici debbano essere ricondotte esclusivamente alla disciplina normativa di cui all’art 55 septies, comma5 ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 , senza tener conto di quanto statuito successivamente, anche da questo Ministero, con nota n. 5181 del 22.4.2014 del Dipartimento per la Programmazione – Direzione Generale per le risorse umane del Ministero, acquisti e affari generali.”

Pertanto, dal momento che, allo stato attuale, l’unico riferimento normativo è l’articolo di legge richiamato dal Ministero, vediamo in cosa consiste.

“…nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.”

La norma introduce una novità: se l’assenza per malattia avviene per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, il relativo giustificativo può consistere anche in una attestazione di struttura privata. Inoltre, non è richiesta alcuna altra specifica.

Non a caso, l’ARAN, intervenuta in materia, specifica:

In particolare l’art.55-septies, comma 5-ter, del D.Lgs.n.165/2001 stabilisce: “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione”.

In base a tale normativa, come evidenziato anche dalla circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n.10/2011, ai fini della giustificazione dell’assenza per visite o prestazioni specialistica come assenza per malattia è sufficiente la presentazione da parte del dipendente della semplice attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura anche privati che le hanno effettuate, senza alcun ulteriore adempimento o formalità aggiuntive (la giustificazione, ad esempio, che le medesime potevano essere effettuate solo in orari coincidente con quello di lavoro).

In tal modo, sono state superate anche alcune indicazioni più rigorose che, in mancanza di una precisa disciplina legale di riferimento, erano contenute anche negli orientamenti applicativi già formulati dall’ARAN in materia.”

Anche il DSGA dovrà attenersi a quanto indicato dalla norma.


Congedo per un secondo dottorato di ricerca. Chiarimenti

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Scuola – Si chiede gentilmente e con cortese urgenza se è possibile assegnare un incarico fino al 30.6.2017 ad un aspirante titolare di dottorato universitario che chiede contestualmente aspettativa senza retribuzione anche se già fruita negli anni precedenti. grazie, distinti saluti.

Paolo Pizzo – Gentile Scuola,

il MIUR, con la C.M. n. 15 del 22 febbraio 2011, ha precisato che il congedo per dottorato, novellato dalla legge n. 240/2010, spetta ai docenti con contratto a TD fino ad almeno il 30/6.

Dal momento che il periodo è utile solo ai fini giuridici, e non economici, nulla toglie che il docente possa fruire dell’aspettativa contestualmente all’accettazione della supplenza.

Nella stessa circolare il MIUR ricorda che non ha diritto al congedo il personale che abbia già conseguito il titolo di dottore di ricerca o che abbia solamente beneficiato del congedo essendo stato iscritto anche per almeno anno accademico a corsi di dottorato di ricerca.
Lo stesso ha ribadito La Funzione Pubblica, con la circolare n. 12 del 2011.

Stando alla lettura letterale della norma e in ciò che è contenuto nelle circolari sembrerebbe che se ho già ottenuto il dottorato non potrò richiedere il congedo straordinario per un altro dottorato.

Io sinceramente sarei del parere che ciò si verifica solo se per il primo dottorato ho già fruito del congedo straordinario, altrimenti mi sembrerebbe una restrizione senza senso dal momento che nessuna legge vieta di poter conseguire più dottorati di ricerca.

Quindi la legge non fa che precisare che il congedo si potrà fruire una sola volta.

Permessi spettanti al personale che fa parte del consiglio comunale. Chiarimenti per il Dirigente

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Dirigente Scolastico  – Buongiorno, con la presente si pone il seguente quesito riguardo ai permessi spettanti al personale che fa parte del consiglio comunale. Un nostro docente nominato consigliere comunale chiede di poter fruire di un giorno di permesso per partecipare alla riunione della commissione elettorale del suo Comune.  Spetta tale permesso al lavoratore il giorno in cui la commissione si riunisce? Da quale norma si evince ? In attesa di un cortese riscontro si porgono i più distinti saluti e si ringrazia per i chiarimenti sempre utili.

Paolo Pizzo – Gentile dirigente,

la normativa generale è contenuta negli artt. 77, 79, 80 e 81 del D.Lgs. n. 267/2000, come modificati dalla Legge n. 244/2007, dall’art. 16/21 del D.L. n. 138/2011, convertito nelle Legge n. 148/2011 e dall’art. 2 bis della Legge n. 26/2001; art. 68 del D.Lgs. n. 165/2001.

In particolare, ai sensi dell’art. 77, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 267/2000:

La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge.

Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

Di seguito i permessi di cui può fruire il dipendente di cui al quesito.

L’attuale art. 79 nei commi 1, 3, 4 e 5, prevede:

  • comma 1: permessi retribuiti per lavori consiliari, attribuiti per l’intera giornata in cui si esercita la funzione:

Riguardano lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento.

Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva.

  • comma 3: permessi retribuiti per lavori di giunta o di organi esecutivi o di commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite, attribuiti per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata:

Riguardano i lavoratori facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari.

Essi hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Lo stesso diritto spetta altresì ai militari di leva o a coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.

comma 4: forfettari aggiuntivi rispetto ai precedenti.

Fino a 24 ore lavorative al mese: ai componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e ai presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché ai presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Ai sensi dell’art. 27 della legge n. 265/1999, spettano anche ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili.

Tali permessi sono elevati fino a 48 ore lavorative al mese: ai sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.

comma 5: Permessi ulteriori fino ad un massimo di 24 ore lavorative al mese.

I permessi suddetti spettano, qualora siano necessari per l’espletamento del mandato, e sono aggiuntivi rispetto ai precedenti ma non sono retribuiti.

Si ricorda che per il personale della scuola, in particolare docente, è previsto dall’art. 38 del CCNL/2007 che:

Nei confronti del personale docente chiamato a ricoprire cariche elettive, si applicano le norme di cui al d.lgs 18.08.2000, n.267 e di cui all’art. 68 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165. Il personale che si avvalga del regime delle assenze e dei permessi di cui alle leggi predette, è tenuto a presentare, ogni trimestre, a partire dall’inizio dell’anno scolastico, alla scuola in cui presta servizio, apposita dichiarazione circa gli impegni connessi alla carica ricoperta, da assolvere nel trimestre successivo, nonché a comunicare mensilmente alla stessa scuola la conferma o le eventuali variazioni degli impegni già dichiarati.

Nel caso in cui il docente presti servizio in più scuole, la predetta dichiarazione va presentata a tutte le scuole interessate.

Qualora le assenze dal servizio derivanti dall’assolvimento degli impegni dichiarati non consentano al docente di assicurare la necessaria continuità didattica nella classe o nelle classi cui sia assegnato può farsi luogo alla  nomina di un supplente  per il periodo strettamente indispensabile e, comunque, sino al massimo di un mese, durata prorogabile soltanto ove se ne ponga l’esigenza in relazione a quanto dichiarato nella comunicazione mensile di cui al comma 1, sempreché non sia possibile provvedere con altro personale docente in soprannumero o a disposizione.

Per tutta la durata della nomina del supplente il docente, nei periodi in cui non sia impegnato nell’assolvimento dei compiti connessi alla carica ricoperta, è utilizzato nell’ambito della scuola e per le esigenze di essa, nei limiti dell’orario obbligatorio di servizio, prioritariamente per le supplenze e per i corsi di recupero.

La programmazione delle assenze di cui ai precedenti commi 1 e 2 non ha alcun valore sostitutivo della documentazione espressamente richiesta dal D.lgs. n.267/2000, che dovrà essere prodotta tempestivamente dall’interessato

Aspettativa coniuge estero: vale anche se il lavoro non è statale

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Luigi  – Buongiorno , sono un insegnante di ruolo di scuola media di 1° grado e mi sono sposato con la mia compagna – cittadina Americana – il 06 gennaio 2016 in Florida , USA . Ho fatto domanda al competente ufficio d’immigrazione Statunitense per ottenere la Green Card al fine di ricongiungermi a mia moglie in America ( sono in attesa di risposta ) e scrivo perché vorrei , gentilmente , sapere a quanto tempo , in totale, avrei , eventualmente,  diritto di assentarmi dal servizio in seguito ad aspettativa per ricongiungimento con coniuge all’estero , 1 anno ? 2 anni ? o cosa ..? L’unica cosa che mi sembra di aver capito è che il periodo di aspettativa non è retribuito e non è calcolato ai fini pensionistici , per il resto ho letto tante e diverse cose … Avrei , quindi bisogno di : – sapere  con esattezza il periodo di aspettativa che posso utilizzare – le leggi di riferimento da mostrare al mio Dirigente.  Tengo a precisare che mia moglie non è dipendente della pubblica amministrazione italiana . Lei  è cittadina USA che svolge un lavoro manageriale presso un’azienda informatica Statunitense della Florida . Rimango in attesa di una Vostra risposta .

Paolo Pizzo – Gentile Luigi,

l’aspettativa per ricongiungimento di coniuge all’estero viene richiesta ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 26.

Ti riporto gli articoli di interesse:

art. 1:  prevede che l’impiegato dello Stato, il cui coniuge presti servizio all’estero, può chiedere di essere collocato in aspettativa qualora l’amministrazione non ritenga di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trova il coniuge, o qualora non sussistano i presupposti per un suo trasferimento nella località in questione.

art. 2: prevede che l’aspettativa può avere una durata corrispondente al periodo di tempo in cui permane la situazione che l’ha originata. Essa può essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio o in difetto di effettiva permanenza all’estero del dipendente in aspettativa. L’impiegato in aspettativa non ha diritto ad alcun assegno.

art. 3: prevede che il tempo trascorso in aspettativa non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.

art. 4: prevede che qualora l’aspettativa si protragga oltre un anno, l’amministrazione ha facoltà di utilizzare il posto corrispondente ai fini delle assunzioni. In tal caso, l’impiegato che cessa dall’aspettativa occupa – ove non vi siano vacanze disponibili – un posto in soprannumero da riassorbirsi al verificarsi della prima vacanza.

L’impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa.

Tale legge è stata integrata dalla Legge 25 giugno 1985, n. 333 la quale ha disposto che: “il dipendente statale, il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali, può chiedere il collocamento in aspettativa a norma della legge 11 febbraio 1980, n. 26”.

Pertanto, stando alla normativa citata, la durata dell’aspettativa è commisurata al tempo in cui il coniuge permane all’estero e che tale coniuge può svolgere anche un lavoro presso soggetti non statali.

In questo caso sarebbe opportuno che il dipendente nel momento in cui presenti la domanda alleghi anche la documentazione che comprova il lavoro svolto dal coniuge.

Aspettativa per assegno di ricerca. Chiarimenti

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Alessandro  – Buongiorno, chiedo: – se in ipotesi di “assegno di ricerca” (docente di scuola secondaria di secondo grado a tempo indeterminato), sia possibile beneficiare dell’aspettativa retribuita come accade per il dottorato di ricerca; – ove si vinca un assegno di ricerca e si svolga il percorso di studio presso la relativa Università, è possibile successivamente svolgere in “dottorato di ricerca”? grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Alessandro,

L’art. 22 comma 3 della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 prevede che:

3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all’estero, l’attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei rapporti instaurati ai sensi del presente articolo, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore a quattro anni, ad esclusione del periodo in cui l’assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso. La titolarità dell’assegno non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all’estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.”

Pertanto, ai sensi del riferimento normativo sopra indicato potrai essere collocato in aspettativa ma solo senza assegni ciò sarà indipendente da un eventuale successivo congedo per dottorato.

E’ utile però precisare che Il congedo straordinario spetta esclusivamente al dipendente ammesso a corsi di dottorato, e potrà essere con o senza borsa, mentre in caso di assegni di ricerca e borse post dottorato spetta solo l’aspettativa senza assegni.

Diritto alla formazione: permessi e criteri

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Mariangela – Buongiorno, scrivo per un chiarimento e sapere meglio come comportarmi nel rispetto dei diritti e dei doveri. Mi è accaduto che coincida l’ultima giornata di un corso formativo a pagamento con i ricevimenti generali dei genitori. Trattandosi di un corso di poche ore che ho già iniziato, la validità prevede la partecipazione a tutti gli incontri. Vi chiedo: la formazione è un diritto al quale il dirigente non può sottrarsi o è una “gentile” concessione che viene fatta? Tra l’altro io ho anche dato la disponibilità ad allungare il mio ricevimento settimanale e il mio orario mi permette di farlo senza stravolgimenti per nessuno. Ho anche contattato l’ente formatore che mi ha detto che non ci saranno repliche alle quali avrei potuto eventualmente partecipare.  Vorrei solo sapere se c’è un diritto violato, poiché perdo tempo e soldi già investiti, visto che le opinioni comuni sono le più disparate. Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Mariangela,

In via generale il riferimento normativo è l’art. 64 del CCNL 29.11.2007.

Per tutti i dipendenti del comparto scuola tale articolo dispone che la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità. Le iniziative formative, ordinariamente, si svolgono fuori dell’orario di insegnamento e che il personale che partecipa ai corsi di formazione organizzati dall’amministrazione a livello centrale o periferico o dalle istituzioni scolastiche è considerato in servizio a tutti gli effetti. Qualora i corsi si svolgano fuori sede, la partecipazione ad essi comporta il rimborso delle spese di viaggio.

In particolare il comma 5 dispone che Il personale docente ha diritto alla fruizione di 5 giorni nel corso dell’anno scolastico, secondo eventuali criteri di fruizione stabiliti a livello di istituto, per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con possibilità di essere sostituiti anche da supplenti nominati dalle graduatorie di istituto.

La norma parla di permesso “giornaliero” che quindi, una volta fruito, si deve intendere per l’intera giornata a prescindere da eventuali incontri collegiali o impegni lavorativi del dipendente.

Il comma 13 dello stesso articolo afferma però che “A livello di singola scuola il dirigente scolastico fornisce un’informazione preventiva sull’attuazione dei criteri di fruizione dei permessi per l’aggiornamento”;

e l’art 6/2 lettera d che “Sono materie di informazione preventiva annuale i criteri per la fruizione dei permessi per l’aggiornamento”.

Pertanto, il diritto del personale alla partecipazione ai corsi di formazione e aggiornamento si dovrà comunque “muovere” all’interno di eventuali criteri di fruizione stabiliti.

In conclusione, hai diritto al giorno di permesso, previo poi attestazione di partecipazione da esibire alla scuola, a meno che tra gli eventuali criteri che sono stati stabiliti non ci sia qualche vincolo che te lo impedisca.

La guida di OrizzonteScuola.it sui permessi

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