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Channel: Permessi e aspettative – Chiedilo a Lalla – OrizzonteScuola
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Documentazione permessi brevi, per motivi personali e per legge 104/92

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ATA – Sono un’ATA. Può il DS pretendere i biglietti di viaggio (A/R) a seguito di richiesta di permesso breve per raggiungere l’aeroporto conseguenziale alla richiesta di 2 giorni per motivi familiari da fruire fuori regione? Tra l’altro, si verifica che, lo stesso DS chieda a chi fruisce dei permessi per la legge 104 i biglietti di ritorno, oltre a quelli di andata quando la distanza è superiore ai 150 km. Se tutto ciò non fosse legittimo, cosa deve fare il dipendente? Come può cautelarsi? Quali responsabilità sono imputabili al DS? Spero in una risposta.

Paolo Pizzo – Gentile Assistente,

l’art 16 (permessi brevi) del CCNL 2007 dispone che Compatibilmente con le esigenze di servizio, al dipendente con contratto a tempo indeterminato e al personale con contratto a tempo determinato, sono attribuiti, per esigenze personali e a domanda, brevi permessi di durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero individuale di servizio e, comunque, per il personale docente fino ad un massimo di due ore. Per il personale docente i permessi brevi si riferiscono ad unità minime che siano orarie di lezione. I permessi complessivamente fruiti non possono eccedere 36 ore nel corso dell’anno scolastico per il personale A.T.A.; per il personale docente il limite corrisponde al rispettivo orario settimanale di insegnamento. Entro i due mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso, il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate in una o più soluzioni in relazione alle esigenze di servizio. Il recupero da parte del personale docente avverrà prioritariamente con riferimento alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi, con precedenza nella classe dove avrebbe dovuto prestare servizio il docente in permesso.

Pertanto, se parliamo di permesso breve la risposta è che il dirigente non può assolutamente pretendere quanto da te evidenziato perché la norma non stabilisce che la fruizione del permesso è subordinata ad una presentazione di documentazione o autocertificazione. Ma è subordinato alle sole esigenze di servizio.

Se invece parliamo dalle art 15 permessi per motivi personali, mentre questi non sono subordinati alle esigenze di servizio devono però essere fruiti sulla base di idonea documentazione anche autocertificata.

Anche qui, però, la richiesta del DS non è legittima in quanto la norma stabilisce che il motivo può essere anche autocertificato senza quindi obbligo di essere documentato.

Per il secondo quesito, invece, il dirigente ha ragione.

Infatti, così come specificato dall’INPS L’art. 6, comma 1, lettera b, del decreto legislativo n. 119/2011 inserisce un nuovo comma 3 bis all’art. 33 della legge n. 104/92.

Tale comma introduce l’obbligo per il dipendente che usufruisce dei permessi per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello della sua residenza, di attestare con titolo di viaggio o altra documentazione idonea il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.

Pertanto, tenuto conto che il disposto del decreto legislativo n. 119/2011 pone in capo al dipendente l’onere della prova, il soggetto che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del familiare da assistere, mediante l’esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea.

Conseguentemente, a titolo esemplificativo, dovrà essere preferito l’uso di mezzi di trasporto pubblici quali aerei, treni, autobus, ecc…, in quanto consentono di esibire al datore di lavoro il titolo di viaggio.

Sempre in riferimento all’onere della prova, in via del tutto residuale e nell’ipotesi  dell’impossibilità  o  non  convenienza  dell’uso del mezzo pubblico,

l’utilizzo del mezzo privato dovrà tener conto della necessità di munirsi di idonea documentazione comprovante l’effettiva presenza in loco.

Tale documentazione dovrà essere esibita al datore di lavoro che ha il diritto/dovere di concedere i permessi nell’ambito del singolo rapporto lavorativo (circolare n. 53/2008).

L’assenza non può essere giustificata a titolo di permesso ex lege 104/92 nell’ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore di lavoro la idonea documentazione prevista.


Permesso per lutto: entro quanto tempo fruirne? Chiarimenti per la scuola

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Scuola – Non riesco a capire esattamente entro quanti giorni dall’evento è possibile usufruire dei 3 gg. per lutto Ringrazio sentitamente.

Paolo Pizzo – Gentile scuola,

I permessi retribuiti per lutti sono espressamente disciplinati per il personale docente, educativo ed ATA dagli artt. 15/1 e 19/9 del CCNL comparto Scuola.

Tali articoli prevedono che il dipendente della scuola, ha diritto, sulla base di idonea documentazione anche autocertificata, a permessi retribuiti per lutti per perdita del coniuge di parenti entro il secondo grado, di soggetto componente la famiglia anagrafica o convivente stabile e di affini di primo grado: gg. 3 per evento, anche non continuativi. I permessi sono erogati a domanda, da presentarsi al dirigente scolastico da parte del personale docente, educativo ed ATA.

La norma opera un riconoscimento della convivenza prevedendo il permesso in caso di decesso di un soggetto convivente con il dipendente stesso.

I permessi si intendono per ogni evento luttuoso nell’anno scolastico.

Tali articoli non specificano entro quanto tempo è possibile fruire dei permessi (la norma lo ha invece espressamente previsto per il congedo matrimoniale).

Pertanto nulla è stato innovato rispetto a ciò che la norma prevedeva nel precedente Contratto (2003).

La scuola e il dipendente richiedente il permesso hanno quindi l’obbligo di osservare quanto previsto dall’ARAN per il comparto Scuola. I pareri in merito sono stati due e sono tuttora vigenti.

L’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) con nota Prot. sc2/7944 del 19-XI-2003 (Oggetto: art. 15 del CCNL Scuola 24-7-2003) ad un quesito relativo ai permessi per lutto e a cosa si dovesse intendere con l’espressione “evento o occasione” afferma:

L’espressione “evento o occasione” deve intendersi come la causa che fa sorgere il diritto del dipendente e non il “dies a quo” dello stesso.

Quest’ultimo si affida ad evidenti ragioni di buon senso da riferire, comunque, alla volontà dell’interessato che, per motivi organizzativi che attengono alla sfera di personali decisioni, potrà differirne la fruizione in un periodo di tempo ragionevolmente congruo rispetto all’evento”.

Sempre l’ARAN, in risposta ad un altro quesito per il comparto Scuola (Esiste un limite temporale entro cui fruire dei permessi retribuiti per lutto?), riafferma:

A parere di questa Agenzia, l’art. 15, comma 1, alinea II^ del CCNL 29/11/2007 del comparto Scuola che disciplina i permessi retribuiti per lutto, seppure non disponga il limite temporale entro cui utilizzare i 3 giorni concessi al dipendente avente diritto, autorizza, comunque, l’utilizzo non oltre un ragionevole lasso di tempo dall’evento stesso in considerazione della natura specifica che origina tali permessi.

Nel caso paradossale proposto nel quesito, a nostro avviso, il dipendente potrà beneficiare di altri istituti normativi del contralto di lavoro, come ferie o permesso retribuito per particolari motivi personali e familiari.”

Pertanto, il permesso per lutto può essere fruito in occasione dell’evento, e, quindi, con una decorrenza che può essere spostata anche di qualche giorno rispetto all’evento stesso, anche in modo non continuativo.

Laddove sia necessaria una fruizione posticipata legata a motivi organizzativi che attengono alla sfera di personali decisioni (es. necessità di recarsi a distanza di tempo nella località ove è sepolta la persona defunta per espletare pratiche burocratiche), questa dovrà avvenire in un periodo di tempo ragionevolmente congruo. In questo caso, quindi, la richiesta del permesso deve avere attinenza con l’evento e con necessità oggettiva connesso ad esso.

È ovvio che più la richiesta di permesso si allontana dall’evento tanto più il dipendente dovrà documentare i motivi che possono richiedere una fruizione posticipata del permesso.

In questo caso spetterà dunque anche al dirigente, in base alla documentazione prodotta del dipendente, la valutazione del “periodo di tempo ragionevolmente congruo”.

Permessi per mandato amministrativo personale a tempo determinato. Chiarimenti per la scuola

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Scuola – Nella nostra scuola, un collaboratore scolastico con contratto di supplenza breve e saltuaria, ha chiesto un permesso per partecipare al Consiglio Comunale, in qualità di consigliere. Vorremmo sapere gentilmente se in questo caso specifico, il permesso è retribuito. In caso affermativo, chiediamo di indicarci la normativa di riferimento. Cordiali saluti

Paolo Pizzo – Gentile scuola,

la normativa di riferimento è il D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 e il CCNL/2007. L’art. 77 comma 2 del D.Lgs. 18/08/2000, n. 267 contiene la definizione di “amministratore locale” e afferma: “Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento”.

Gli artt. successivi disciplinano i permessi e le assenze, in particolare:

L’art. 79 afferma che “I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva”.

E che hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l’espletamento del mandato.

L’attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell’ente.

L’art. 38 del CCNL/2007 disciplina la programmazione dei permessi e delle assenze finora citate:

Tale articolo afferma:

“1. Nei confronti del personale docente chiamato a ricoprire cariche elettive, si applicano le norme di cui al d.lgs 18.08.2000, n.267 e di cui all’art. 68 del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165 [aspettativa per mandato parlamentare]. Il personale che si avvalga del regime delle assenze e dei permessi di cui alle leggi predette, è tenuto a presentare, ogni trimestre, a partire dall’inizio dell’anno scolastico, alla scuola in cui presta servizio, apposita dichiarazione circa gli impegni connessi alla carica ricoperta, da assolvere nel trimestre successivo, nonché a comunicare mensilmente alla stessa scuola la conferma o le eventuali variazioni degli impegni già dichiarati.

  1. Nel caso in cui il docente presti servizio in più scuole, la predetta  dichiarazione va presentata a tutte le scuole interessate.

A proposito dei supplenti la circolare 4289/2009 dell’USR Piemonte precisa:

“L’articolo 541 – comma 2 – del D.Lvo 16/4/1994 n. 297 testualmente prevede :
“2. Per quanto non previsto nel presente capo, al personale docente non di ruolo si applicano, in quanto compatibili, le norme del presente testo unico riferite ai docenti di ruolo”.

Detto principio in materia di assenza trova una conferma nel CCNL 2003 all’art. 19 – comma 1 – che così stabilisce:

“1. Al personale assunto a tempo determinato, al personale di cui all’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 399 del 1988 e al personale non licenziabile di cui agli artt. 43 e 44 della legge 20 maggio 1982 n. 270, si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, con le precisazioni di cui ai seguenti commi”. La citata normativa è stata integralmente reinserita all’Art. 19 comma 1 del CCNL 29/11/2007.

Le suddette disposizioni hanno natura di “norma generale” e come tali trovano applicazione anche per il personale ATA”.

Pertanto, i permessi e le assenze in parola spettano A TUTTO il personale della scuola SENZA ESCLUSIONE ALCUNA: docenti, educatori ed ATA di ogni ordine e grado assunti a tempo indeterminato e determinato (anche se per “supplenza breve” o “fino avente titolo”) compreso il personale in regime di part time.

 

Aspettativa per motivi personali: chi può richiederla

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Anita – Buongiorno, sono un’insegnante di scuola primaria iscritta nelle graduatorie d’istituto e assunta dal Ds dal 14/09 fino al 30/06. Ho diritto a chiedere un periodo di aspettativa per motivi personali? Cordiali saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Anita,

L’art. 18 comma 1 recita: L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.

Il comma 2:
Ai sensi della predetta norma [comma 1] il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca.

L’aspettativa può essere concessa a tutto il personale assunto a tempo indeterminato (non è necessario aver superato il periodo di prova);

ai docenti di religione cattolica, sia a quelli con 4 anni di anzianità, sia a quelli sprovvisti, al personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico (31/8) o fino al termine delle attività didattiche (30/6).

È quindi escluso il personale assunto per supplenza “breve”.

Visita specialistica: è il dipendente che sceglie a che titolo imputare l’assenza

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Alina  – ieri ho fatto una visita specialistica, in una struttura a 40 km dalla mia abitazione, alle ore 14 avendo preso un giorno di permesso . Oggi mi è stata rifiutata la giustifica, con orario dalle 14 alle 15, poiché avrei dovuto chiedere un permesso orario (con 5 ore di lavoro potevo prendere 2,5 ore di permesso breve). Non avevo scelto questa opzione poiché dovendo prendere treno e altri mezzi avevo paura di non arrivare in tempo. E’ corretto, dunque, chiedermi di prendere un giorno per motivi familiari e rifiutare l’attestazione della visita effettuata? Distinti  saluti.

Paolo Pizzo – gentilissima Alina,

non è corretto.

Con sentenza del 25 febbraio 2015 n. 5714, il TAR del Lazio ha annullato la circolare della FP nella parte in cui questa stabilisce l’obbligatorietà del ricorso al permesso per i dipendenti pubblici che dovessero assentarsi dal lavoro per sottoporsi a visite specialistiche, terapie o esami diagnostici.

La sentenza precisa che l’utilizzo della parola “permesso”, invece della espressione “assenza” nasce dall’esigenza di regolare la mancata prestazione lavorativa per visita medica tramite gli istituti contrattualmente previsti per giustificare un’assenza diversa dalla malattia. E che né la nuova norma né la circolare della FP hanno inteso eliminare l’assenza per malattia conclamata come assenza giustificata e certificabile secondo le ordinarie modalità.

Inoltre, affermano i giudici, se per le esigenze di visita medica si imponesse l’utilizzo immediato dei permessi per motivi personali previsti dal CCNL, si avrebbe uno sconvolgimento dell’organizzazione del lavoro e della vita personale del dipendente, che ben potrebbe aver già usufruito di tali forme di giustificazione di assenza, confidando di poter avvalersi dell’ulteriore modalità di “assenza per malattia” prima prevista dalla conformazione della richiamata norma e dal contratto nazionale applicabile o, viceversa, non potrebbe più avvalersi di tali “permessi” per “documentati motivi personali”diversi dallo svolgimento di terapie, visite e quant’altro.

La scuola non potrà quindi imporre al dipendente il ricorso ai permessi orari o ai permessi per motivi personali per tali assenze, data la natura di questi permessi che devono appunto essere utilizzati per altri scopi, a meno che non sia il dipendente stesso a ricorrervi (rimane infatti la facoltà per il dipendente di giustificare l’assenza per visita specialistica ricorrendo al permesso per motivi familiari (art. 15/2) o al permesso breve (art. 16).

Pertanto nelle more della rivisitazione della disciplina e della eventuale ricezione di nuove istruzioni da parte del Dipartimento per la Funzione Pubblica, le assenze dal servizio per visite mediche,terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici debbano essere ricondotte esclusivamente alla disciplina normativa di cui all’art. 55 septies, comma 5 ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che regola le assenze per malattia dei dipendenti pubblici per l’espletamento di tali prestazioni.

In sostanza rimane al momento intatta la facoltà per il dipendente della scuola di utilizzare l’istituto dell’assenza per malattia per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici.

Qualora quindi il dipendente intenda imputare l’assenza a malattia sarà sufficiente che la segreteria acquisisca la semplice attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura anche privati che le hanno effettuate, senza alcun ulteriore adempimento o formalità aggiuntive (la giustificazione, ad esempio, che le medesime potevano essere effettuate solo in orari coincidente con quello di lavoro).

Permesso per accompagnare il proprio figlio ad una visita pediatrica

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Serenella – è possibile, per un insegnante, chiedere un permesso per malattia se deve accompagnare il figlio di 13 anni ad una visita specialista presso un ospedale pediatrico (o altro)? grazie cordiali saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Serenella,

la risposta è negativa.

La malattia per il bambino, anche quella non retribuita, si può chiedere solo fino al compimento dell’ottavo anno di età. La malattia propria non sarebbe invece giustificata.

Potrai quindi ricorrere o ai permessi orario art 16 CCNL/2007, fino alla metà dell’orario giornaliero, oppure ai permessi per motivi personali di cui all’art 15/2 specificando il motivo.

 

Ferie e permessi per il docente assunto fino al 30/6

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Marina  – Salve avrei bisogno di una vostra consulenza. Sono una docente di scuola superiore,ho un contratto al 30 giugno su posto vacante e non sono di ruolo. Ho bisogno di un giorno di ferie, per evitare di prendere malattia posso prendere ferie retribuite? O non essendo di ruolo non ho diritto a giorni di ferie retribuiti.  Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Marina,

al personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo determinato sono attribuiti permessi non retribuiti, fino ad un massimo di sei giorni, per i motivi previsti dall’art.15, comma 2 (motivi personali e familiari).

TaIi periodi di assenza sono senza assegni e pertanto interrompono la maturazione dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.

Per quanto riguarda le ferie, eventualmente da fruire durante le lezioni, la fruizione è consentita al personale docente per un periodo non superiore a sei giornate lavorative.

Per il personale docente la fruibilità dei predetti sei giorni è subordinata alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti.

Pertanto potrai anche richiedere un giorno di ferie di quelli già maturati, ma dovrai trovarti un sostituto al quale non devono essere corrisposte ore eccedenti.

Congedo matrimoniale per la docente assunta fino al 30/6

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Antonietta  – Sono un’insegnante di matematica, fisica ed informatica attualmente in terza fascia delle graduatorie d’Istituto, con supplenza fino al 30 giugno 2016. Dovrei sposarmi il prossimo 4 giugno ed avrei bisogno quindi di qualche giorno di “ferie” poco prima di questa data (per il dopo non c’è problema, visto che la scuola terminerà il 7 giugno). Mi chiedevo se noi precari avessimo diritto comunque al congedo matrimoniale di 15 giorni come i docenti di ruolo. Altrimenti potrei usufruire degli eventuali 6 giorni maturati fino alla fine dell’anno? Ringrazio cordialmente per tutto l’aiuto ed i chiarimenti che ci fornite ogni giorno. Antonietta.

Paolo Pizzo – Gentilissima Antonietta,

l’art. 19 comma 1 del CCNL comparto Scuola prevede che al personale assunto a tempo determinato, al personale di cui all’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 399 del 1988 e al personale non licenziabile di cui agli artt. 43 e 44 della legge 20 maggio 1982 n. 270, si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, con le precisazioni di cui ai successivi commi.

Il comma 12 prevede che “Il personale docente ed ATA assunto a tempo determinato ha diritto entro i limiti di durata del rapporto, ad un permesso retribuito di 15 giorni consecutivi in occasione del matrimonio”.

Per il personale assunto a tempo determinato, quindi, anche se per supplenza breve, il giorno del matrimonio e il relativo congedo devono ricadere entro i termini del contratto.

Pertanto, per tale personale il diritto ai 15 giorni di permesso retribuito per matrimonio (che al pari del personale assunto a tempo indeterminato possono essere richiesti da una settimana prima a due mesi successivi al matrimonio stesso) scaturisce nel momento in cui il matrimonio avviene in un periodo in cui il docente ha un rapporto di lavoro con la scuola.

Potrai quindi fruire dei 15 gg retribuiti da una settimana prima del 4 giugno fino al 30 dello stesso mese.

 

 


Aspettativa e computo del sabato e della domenica

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Chiara – Sono una neoassunta dal piano C ma per motivi personali sono costretta a dover richiedere aspettativa. Dal momento che la scuola in cui lavoro il sabato è chiusa, nel richiedere il congedo posso specificare  i giorni esatti (da lunedì …a venerdì- da lunedì a  venerdì  – e così via…) in modo da recuperare qualche giorno in più sulla retribuzione. Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Chiara,

non è possibile evitare che il sabato e la domenica siano esclusi  dal congedo.

Infatti, per qualunque tipologia di assenza i giorni festivi e il sabato di chiusura della scuola vengono computati nel congedo se non vi è una ripresa effettiva del servizio.

Pertanto, dal momento che non rientrerai in servizio il lunedì successivo, sabato e domenica sono considerati aspettativa. A questo punto conviene fare una domanda unica.

Congedo biennale e concetto di convivenza. Chiarimenti per il Dirigente scolastico

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Dirigente Scolastico – una dipendente ATA fa domanda di congedo biennale per assistenza alla madre disabile. Usufruisce già dei permessi mensili. Il problema è che ha presentato un’autodichiarazione di “residenza temporanea” presso la madre. Svolti gli accertamenti, al Comune di residenza, che coincide con quello di residenza della madre, l’impiegata non risulta risiedere presso la madre; risulta solo una COMUNICAZIONE in cui la suddetta dichiara di abitare (risiedere) temporaneamente presso la madre. E’ sufficiente per concederle il congedo biennale? Grazie.

Paolo Pizzo – Gentile dirigente,

si premette che il comma 5 del novellato d.lgs. n. 151 del 2001stabilisce che:

“Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.”

Si ricorda inoltre che l’ordine dei beneficiari è inderogabile, pertanto uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità potrà fruirne solo nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Detto questo, il requisito della convivenza è stato oggetto di precisazioni da parte della FP e dell’INPS.

La Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 1 del  febbraio 2012 afferma che Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989).

La circolare prosegue affermando che al fine di venire incontro all’esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno.

Sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).

L’INPS con circolare n. 159/2013 a tal proposito precisa che il requisito della “convivenza” sarà accertato d’ufficio previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea (vedi iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art.32 D.P.R. n. 223/89), ove diversa dalla dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile.

Pertanto un’eccezione al concetto di “convivenza” è prevista per l’ipotesi in cui la dimora abituale non coincida con la dimora temporanea:

in questo caso però bisogna che tale situazione non si verifichi dopo la richiesta del congedo, ma che ne sia il presupposto. È quindi necessario che il dipendente lo dichiari fin da subito cosicché l’Amministrazione ne sia a conoscenza.

Deve inoltre risultare l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile

Legge 104 convivenza e diniego del Dirigente

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Antonella – sono un’insegnante di scuola primaria che avendo la mamma con problemi residente da qualche mese a casa mia, e riconosciuta tale anche dalla legge 104, ho chiesto al mio dirigente un congedo biennale relativo alla legge 104. Il dirigente me l’ha rifiutato perché ritiene che il genitore debba risiedere almeno da sei mesi nello stesso domicilio dell’interessato. Aspetto una delucidazione adeguata da parte vostra. Ringraziando anticipatamente la direzione, invio cordiali saluti.


Paolo Pizzo – Gentilissima Antonella,

La Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica n. 1 del febbraio 2012 sulla questione afferma.

Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989). In linea con l’orientamento già espresso in precedenza, al fine di venire incontro all’esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno. Sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).

Né nella norma, né nelle altre circolari (almeno quelle da me conosciute) risulta che il requisito della convivenza purché sia valido debba esserci da almeno 6 mesi.

Ricordiamo che il dirigente nel momento in cui effettua il diniego questo non solo deve essere per iscritto ma deve riportarne le motivazioni. Nella motivazione dovrà quindi  indicare anche la norma a supporto del diniego.

Assessore comunale e permessi per lo svolgimento delle riunioni

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Giuseppe – Sono assessore comunale ed ho preso servizio nella provincia di Roma come docente supplente. Ho chiesto i permessi ai sensi dell’art. 79 TUEL. Considerato che vivo e svolgo attività amministrativa nella provincia di Reggio Calabria, posso ottenere i permessi per raggiungere il mio comune? Intendo i giorni di viaggio.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Giuseppe,

l’ art. 79 citato nel quesito è stato modificato. In particolare è stato abrogato il comma 2 (art. 2268, comma 1, n. 980 e D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66);  è stato invece modificato il comma 1 dall’art. 16, comma 20, del D.L. 13.08. 2011, n. 138. come convertito da L. 14 settembre 2011, n. 148.

Tale ultimo comma prevedeva che si aveva diritto ad assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli.

Ora il comma, che prevede permessi retribuiti per lavori consiliari, attribuiti per l’intera giornata in cui si esercita la funzione, è stato così riscritto:

riguardano lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento [come nel tuo caso]. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva.

Ricordiamo gli altri commi

comma 3 (permessi retribuiti per lavori di giunta o di organi esecutivi o di commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite, attribuiti per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata)

riguardano i lavoratori facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari. Essi hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Lo stesso diritto spetta altresì ai militari di leva o a coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.

comma 4 (permessi forfettari aggiuntivi rispetto ai precedenti fino a 24 ore lavorative al mese)

ai componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e ai presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché ai presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Ai sensi dell’art. 27 della legge n. 265/1999, spettano anche ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili. Tali permessi sono elevati fino a 48 ore lavorative al mese: ai sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.

comma 5 (Permessi ulteriori fino ad un massimo di 24 ore lavorative al mese)

I permessi suddetti spettano, qualora siano necessari per l’espletamento del mandato, e sono aggiuntivi rispetto ai precedenti ma non sono retribuiti.

I 5 gg per la formazione/aggiornamento spettano anche al docente con supplenza temporanea

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Marina – Buongiorno sono supplente su posto di sostegno presso un Istituto tecnico superiore con contratto fino al 30/06, non sono di ruolo, sono in 2° fascia e la chiamata è avvenuta per incrocio di graduatorie;  posso usufruire del permesso per la formazione e l’aggiornamento?  Dovrei frequentare un corso della durata di 5 gg.  Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Marina,

l’art. 64/1 del CCNL/2007 afferma: “La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”.

Il comma 5 afferma: “Gli insegnanti hanno diritto alla fruizione di cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi vigente nei diversi gradi scolastici”.

Si precisa intanto che tale articolo non fa alcuna differenza tra docenti assunti a tempo determinato o indeterminato contenendo esclusivamente la dicitura “gli insegnanti” (comma 5) che si riferisce a tutto il personale in servizio – giusto Parere ARAN 23 maggio 2013, Orientamenti Applicativi.

Pertanto potrai fruire dei 5 gg di formazione.

Ricordiamo comunque che  il diritto del docente alla partecipazione ai corsi di formazione e aggiornamento si deve comunque “muovere” all’interno di eventuali criteri di fruizione solo se preventivamente stabiliti dal DS ai sensi del comma 13 dell’art. citato il quale afferma che “A livello di singola scuola il dirigente scolastico fornisce un’informazione preventiva sull’attuazione dei criteri di fruizione dei permessi per l’aggiornamento” e del comma 6/2 lettera d “Sono materie di informazione preventiva annuale i criteri per la fruizione dei permessi per l’aggiornamento”.

Aspettativa per motivi personali e di famiglia e cumulabilità con altre aspettative

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Catia – volevo sottoporle una consulenza. Sono una insegnate di scuola primaria a tempo indeterminato. Da due anni sto usufruendo  di aspettativa ( l’anno scorso ho preso l’aspettativa per motivi di lavoro, quest’anno sto usufruendo dell’anno sabbatico) Secondo la legge potrò usufruire di un ulteriore anno per aspettativa consecutivo a questi due appena presi, o devo rientrare in servizio pena il licenziamento?

Paolo Pizzo – Gentilissima Catia,

le aspettative in questione afferiscono a normative diverse quindi sono cumulabili. Stessa cosa per le altre aspettative eventualmente fruite come potrebbe per esempio essere quella per motivi personali e familiari di cui all’art. 18 commi 1 e 2 del CCNL/2007.

Qui trovi la normativa di riferimento.

Aspettativa per raggiungere il coniuge all’estero: la richiesta non è subordinata al superamento del periodo di prova

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Paola  – Vorrei sapere se posso chiedere un’ aspettativa per l’ a.s. che seguira’ ( mio marito lavora all’ estero) pur non avendo superato l’ anno di prova (ora sono in astensione facoltativa) grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Paola,

la Legge 11 febbraio 1980, n. 26 (Norme relative al collocamento in aspettativa dei dipendenti dello Stato il cui coniuge, anche esso dipendente dello Stato, sia chiamato a prestare servizio all’estero) prevede (artt. 1-4):

“L’impiegato  dello  Stato,  il  cui  coniuge  – dipendente civile o militare della pubblica amministrazione – presti servizio all’estero, puo’   chiedere   di   essere   collocato   in   aspettativa  qualora l’amministrazione   non  ritenga  di  poterlo  destinare  a  prestare servizio nella stessa localita’ in cui si trova il coniuge, o qualora non sussistano i presupposti per un suo trasferimento nella localita’ in questione.

L’aspettativa,  concessa  sulla base dell’articolo 1 della presente legge,  puo’  avere  una durata corrispondente al periodo di tempo in cui  permane  la  situazione  che  l’ha  originata.  Essa puo’ essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio o in difetto di effettiva permanenza all’estero del dipendente in aspettativa.

L’impiegato in aspettativa non ha diritto ad alcun assegno.

Il tempo trascorso in aspettativa concessa ai sensi dell’articolo 1 della  presente  legge non e’ computato ai fini della progressione di carriera,  dell’attribuzione  degli  aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.

L’impiegato  che  cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di   anzianita’   che   gli  spetta,  dedotto  il  tempo  passato  in aspettativa.

Qualora l’aspettativa si protragga oltre un anno, l’amministrazione ha  facolta’  di  utilizzare  il  posto  corrispondente ai fini delle assunzioni.  In  tal  caso,  l’impiegato  che  cessa dall’aspettativa occupa  –  ove  non  vi  siano  vacanze  disponibili  –  un  posto in soprannumero da riassorbirsi al verificarsi della prima vacanza.”

La Legge 25 giugno 1985, n. 333 (estensione dei benefici di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 26 , ai dipendenti statali il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali) ha previsto che ai fini dell’aspettativa il lavoro del coniuge possa anche essere non statale:

“il dipendente statale, il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali, può chiedere il collocamento in aspettativa a norma della legge 11 febbraio 1980, n. 26”.

Pertanto, ai sensi delle leggi citate l’aspettativa può durare per tutto il periodo di servizio all’estero del coniuge e non ha un limite legale di durata.

Per ciò che invece riguarda i documenti da produrre:

  • se il lavoro del coniuge all’estero è alle dipendenze di soggetti statali, può bastare anche un’autocertificazione;
  • se il datore di lavoro è invece un soggetto privato, sarebbe meglio produrre la documentazione attestante l’attività svolta.

Nella norma non è richiesto il superamento del periodo di prova per poter richiedere l’aspettativa.

Pertanto la richiesta non è subordinata al superamento dell’anno di prova e quest’ultimo sarà di conseguenza rimandato fin quando il docente non sarà rientrato in effettivo servizio.


Aspettativa all’estero (Legge Signorello): non fa maturare punteggio di continuità nella scuola di titolarità e neanche punteggio di servizio

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Alessandra – Una mia collega di scuola primaria, nel periodo 2003-2007 ha trascorso 4 anni in aspettativa all’estero per ricongiungimento al coniuge, grazie alla legge Signorello. Nell’a.s. 2014-2015, nel compilare la domanda relativa all’individuazione dei docenti soprannumerari, al punto C1( che riguarda la continuità nella sede di attuale titolarità) ha calcolato i suddetti 4 anni come anni che non interrompono la continuità e che quindi le danno diritto alla maturazione del punteggio. Tale punteggio le spettava? Grazie

Giovanna Onnis – Gentilissima Alessandra,

la risposta alla tua domanda è sicuramente negativa, alla tua collega non spettava il punteggio di continuità e neanche il punteggio di servizio per gli anni in cui era in aspettativa.

La conferma a questa mia risposta la trovi nella stessa legge n. 26/11 febbraio 1980 (Legge Signorello) dove nell’art.3 si stabilisce che “Il tempo trascorso in aspettativa non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. L’impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa”

Nei 4 anni in cui la tua collega è stata in aspettativa non ha maturato nessun punteggio , quindi niente punteggio per 4 anni di servizio (non svolti) e niente punteggio per la continuità nella scuola di titolarità per i motivi sopra esposti.

Il punteggio di continuità, valutato per il servizio continuativo nella scuola di titolarità per la stessa classe di concorso e per la stessa tipologia di posto, può essere conteggiato anche in assenza di effettivo servizio prestato nella scuola di titolarità, solo nelle condizioni indicate nella nota 5 della tabella di valutazione allegata al CCNI 2015/17 (possiamo per ora fare riferimento solo a questa poiché la tabella per l’ a.s. 2016/17 non è ancora nota), dove non viene menzionata questa tipologia di aspettativa.

Permessi per esami. Si intendono per l’intera giornata lavorativa

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Antonella – Gentili Esperti di Orizzonte Scuola, sono una docente di ruolo alla Scuola Primaria. Avrei bisogno di usufruire di un giorno di permesso retribuito ex art. 15 CCNL (per concorsi ed esami) per sostenere un esame del corso di laurea al quale sono iscritta. Poichè l’appello è previsto per le ore 15.00 (la scuola dista ca. 30/35 Km dall’Università), posso usufruire dell’intera giornata di permesso retribuito, nonostante il docente apponga sull’attestato di giustifica l’orario? (Il mio orario di servizio per il giorno che dovrei richiedere è:  8.15 – 13.15 di lezione + 16.15-18.15 di programmazione).  Distinti saluti .

Paolo Pizzo – Gentilissima Antonella,

l’art. 15 comma 1 del CCNL comparto Scuola prevede che Il dipendente della scuola con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ha diritto, sulla base di idonea documentazione anche autocertificata, a permessi retribuiti per partecipazione a concorsi od esami: gg. 8 complessivi per anno scolastico, ivi compresi quelli eventualmente richiesti per il viaggio.

Il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno di motivi urgenti e imprevedibili) richiesta di congedo redatta per iscritto, in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesto il permesso e la durata dell’assenza (compresa degli eventuali giorni per il viaggio).

I giorni di permesso sono 8 ivi compresi quelli eventualmente richiesti per il viaggio e possono essere fruiti anche in modo frazionato.

Successivamente il dipendente dovrà produrre, a giustificazione dell’assenza, idonea documentazione comprovante sia la partecipazione al concorso/esame che dell’eventuale viaggio o più semplicemente autocertificare il tutto.

Dal momento che la norma non lascia spazio ad interpretazioni laddove è scritto “giorni”…il permesso si deve necessariamente intendere per tutta la giornata lavorativa del docente (mattina ed eventualmente pomeriggio).

Giorni di viaggio imputabili a malattia?

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Gelsomina – Salve! Sono una docente. Da una circolare letta sul vostro sito, del 27 Novembre 2015 , ho compreso che il giorno del viaggio per visita specialistica fuori regione e’ imputabile a malattia. Ho capito bene?Perché allora la segreteria dell’Istituto comprensivo presso cui svolgo la mia mansione di insegnante si rifiuta di concedermelo?   Grazie per la cortese attenzione. Attendo risposta.

 Paolo Pizzo – Gentilissima Gelsomina,

come previsto dalla Circolare Ministeriale n. 301/1996, nell’assenza possono essere  ricompresi i giorni del viaggio: nel caso in cui la struttura pubblica o privata si trovi in un’altra città e il personale avesse bisogno dei giorni di viaggio per raggiungere la struttura, questi devono essere conteggiati e considerati a tutti gli effetti come “assenza per malattia”.

Tale circolare non è mai stata superata, atteso che, come ampiamente detto in altre risposte, dopo la sentenza del TAR n. 5714 pubblicata in data 17 aprile 2015, che annulla la circolare della FP n. 2/2014, l’unico riferimento attualmente in vigore è l’art.55-septies, comma 5-ter, del D.Lgs.n.165/2001 il quale stabilisce: “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione”.

Nel momento in cui quindi la tipologia di assenza è decisa dal dipendente (malattia, ferie o permesso), se quest’ultimo imputa a malattia l’assenza per visita specialistica in detta tipologia deve rientrare anche il viaggio.

Congedo straordinario e fruizione entro 60 giorni dalla richiesta

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Maria Antonietta – sono una docente assunta in ruolo in fase B fuori regione. Fino al 21 febbraio sarò in astensione obbligatoria per maternità. Successivamente, invece del congedo parentale, vorrei usufruire del congedo biennale per assistere il mio secondogenito a cui è stato riconosciuto l’art. 3 comma 3 della legge 104. Posso far cominciare tale congedo dal 22 oppure devo necessariamente instaurare prima il rapporto di lavoro (cosa che non è ancora avvenuta in quest’anno scolastico perché sono stata in interdizione prima e poi in maternità)? E quanto tempo prima devo inviare la richiesta alla mia scuola? Spero vivamente di ricevere un Vostro riscontro e ringraziandoVi per l’attenzione accordatami porgo cordiali saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Maria Antonietta,

il congedo in questione può essere richiesto solo dopo aver preso servizio e anche contestualmente.

Se è vero infatti che si tratta di un diritto potestativo che non può essere negato (valutati ovviamente la validità dei requisiti), ricordiamo che la legge dispone che il datore di lavoro ha 60 gg di tempo per concederlo.

L’art 42 comma 5 del t.u. 151/2001, come novellato dal Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119, stabilisce infatti che  il congedo può essere fruito entro sessanta giorni dalla richiesta…

Il diritto scaturisce dopo aver assunto servizio.

 

I 15 giorni di congedo matrimoniale non possono essere frazionati

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Marcella – Salve volevo un’ informazione relativa al congedo matrimoniale. L’art 15 comma 3 del ccnl, afferma ke il docente può usufruire del congedo Da 1 settimana prima fino a 2 mesi dopo il matrimonio…Vorrei capire se  accordandosi con il DS sia comunque possibile usufruire di 10 giorni del congedo prima del matrimonio e 5 in seguito? Inoltre se durante il Congedo dovessero esserci corsi di formazione  relativi all’anno di prova, l’assenza sarebbe giustificata? Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Marcella,

L’art. 15 comma 3 del CCNL comparto Scuola prevede che il personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo indeterminato ha diritto ad un permesso retribuito continuativo e non fraziona­bile di quindici giorni che decorrono dalla data indicata dal dipendente stesso e comunque in uno spazio temporale compreso tra una settimana prima e due mesi successivi al matrimonio stesso; nel periodo, continuativo e non frazionabile, si conteggiano tutti i giorni ricadenti all’interno dello stesso anche non lavorativi e festivi.

Si precisa che i 15 giorni non possono essere frazionati ma devono essere fruiti in maniera consecutiva, comprendo necessariamente i sabati, le domeniche e/o eventuali feste infrasettimanali.

La parola “consecutivi” contenuta nell’attuale art. 15/3 non lascia infatti spazio a fraintendimenti o interpretazioni.

Per ciò che riguarda eventuali corsi organizzati durante il periodo di fruizione del congedo nessun giorno dovrà essere recuperato e il docente si intende giustificato (per i corsi organizzati dagli UST/USR si può effettuare una percentuale di assenza rispetto alle ore programmate. Per ogni altra esigenza è possibile concordare modalità e recuperi con gli Organizzatori del corso).

 

 

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